Selvicoltura
TEMPERAMENTO
L'esistenza del bosco misto e disetaneo, cioè di un bosco costantemente ringiovanito in cui alberi di diverse specie, età e dimensioni sono mescolati, è inestricabilmente legata a questa particolare specie.
L'Abete bianco predilige prosperare in regioni con un clima temperato, alte precipitazioni e alta umidità. E' specie tollerante dell'ombra, resiste lungamente all'aduggiamento ed ha, in grado superiore a tutte le altre specie, la facoltà di riprendersi anche dopo molti anni di copertura (30-40, perfino 100); preferisce climi con limitata escursione termica ed è sensibile alle gelate, specie a quelle tardive; rifugge le località troppo esposte ai venti (crinali), ma resiste meglio di altre specie al vento ed alla neve.
L'Abete bianco è dotato di alto potere di miglioramento dei suoli; è specie socievole con una netta tendenza a formare boschi misti.
AREALE
L'Abete bianco ha alle spalle una storia complessa. Tra 20.000 anni e 30.000 anni prima della nostra era, quando i ghiacciai ricoprivano vaste aree, esso si era ritirato da tempo in climi più caldi. Durante questo periodo, la distribuzione dell'abete interessava le aree meridionali europee prive di ghiacci a sud dei Pirenei, dell'Appennino e dei Balcani.
Nel periodo post-glaciale, l'abete migrò da sud verso nord ed est, attraverso il Giura svizzero verso i Vosgi e la Foresta Nera e, scavalcando i passi alpini, l'abete ha raggiunto il versante settentrionale delle Alpi. Studi genetici dimostrano la più alta diversità genetica e gamma di variazione per le foreste di abeti in Calabria. Questo suggerisce che l'abete, durante la migrazione glaciale, è esistito per molto tempo in un ambiente stabile ed è stato in grado di costruire il suo grande potenziale.
Oggi la principale area italiana di distribuzione dell'abete si estende nel territorio delle Alpi, in particolare nelle Alpi orientali, mentre sull'Appennino esistono vari nuclei sparsi e distanziati, molti dei quali di origine artificiale (antropica).
Una ricca superficie è presente nei boschi del Friuli Venezia Giulia (19.000 ettari circa) e rappresenta il 20% della massa forestale delle conifere regionali. L’areale si completa ad est nelle catene montuose dei Balcani e dei Carpazi dove è presente in modo rilevante, mentre è quasi assente nelle aree interne continentali, nei climi estremi e aridi.

In Italia l’Abete bianco si estende su oltre 68.000 ha, di cui circa 42.000 costituiti da boschi puri di conifere (INFC 2008). È abbastanza frequente sulle Alpi, in particolare quelle centro-orientali. In Friuli, l’abete bianco si estende su circa 19.000 ettari di abetine miste con faggio e abete rosso, costituendo, dunque, una delle principali riserve genetiche e forestali di questa specie.
Nell’Appennino i popolamenti attuali sono molto frammentati e si tratta spesso di piccoli gruppi o addirittura di singoli individui; fanno eccezione le popolazioni dell’Appennino ligure-piacentino, tosco-romagnolo, molisano e della Calabria (Ducci et al. 1998). L’azione antropica ne ha fortemente influenzato l’attuale distribuzione, modificando gli originari consorzi misti fra faggio/abete bianco, abete rosso/abete bianco, ecc.: l’uomo ha, infatti, agito favorendo o penalizzando, a seconda dell’interesse locale, l’abete bianco, piuttosto che altre specie forestali.
In alcuni casi le amministrazioni forestali hanno preferito diffondere l’abete per rifornire arsenali navali (in Cadore e Friuli ad opera della Repubblica di Venezia, i Monti Aveto e Nero per la repubblica di Genova), o per costruzione (Vallombrosa e Foreste Casentinesi per il Duomo di Firenze o Bocca Trabaria per la Basilica di San Pietro) (Ducci et al. 1998). In altri casi il dissodamento in quota o la necessità di estendere i pascoli ha portato invece alla riduzione dell’areale.
In paziente attesa nel sottobosco ombroso, si dispiega nella luce...
L'Abete bianco è normalmente governato a fustaia, con trattamento vario. Nei boschi misti con picea e faggio, o con ambedue, è generalmente usato il taglio saltuario che conduce verso formazioni disetanee, di grande valore biologico ed ecosistemico; tuttavia, anche i tagli successivi, preferibilmente a gruppi, sono indicati poichè consentono di regolare la mescolanza (De Philippis, 1957), pur determinando formazioni tendenzialmente coetanee e quindi di più limitato valore ecologico. Classicamente, nelle condizioni ottimali ed in purezza, si preferiscono i tagli successivi (molto usati nel Giura svizzero e in Francia), graduali e lenti, con ritorni frequenti in bosco, ma con prelievi leggeri per non alterare le condizioni microclimatiche e turni che oscillano tra gli 80 e i 140 anni (più spesso 90-100).
Nelle regioni alpine italiane nord-orientali si preferisce il taglio saltuario, con prelievi puntuali, per pedali, privilegiando un criterio colturale in grado di accompagnare il bosco verso uno stato di maggior stabilità, variabilità e mescolanza, orientandosi, tuttavia, verso un diametro di recidibilità di 40-45 cm ed un periodo di curazione di 11-12 anni.
L'Abete è un albero sensibile ed esigente. Ciò è dimostrato, tra le altre cose, dalla limitata distribuzione geografica dal piano submontano (650 - 900 m slm) fino a quello montano (900 - 1.500 m sopra il livello del mare). Ha bisogno di un periodo vegetativo di almeno 3 mesi con precipitazioni sufficienti. Nelle foreste sub-montane è per lo più associato al faggio, mentre in quelle montane anche all’abete rosso.
La sua più grande caratteristica, tuttavia, è la capacità di sopravvivere con pochissima luce, specialmente in gioventù. È in grado di germogliare all'ombra e forma aghi piatti che catturano ogni raggio di luce. In questo modo, può aspettare pazientemente per decenni, crescendo pochi centimetri all’anno, fino a quando non si crea un’apertura nel bosco. Allora, la sua crescita in altezza aumenta in modo significativo. Questo aumento della crescita dovuto alla maggior illuminazione è chiaramente visibile nella maggior dimensione degli anelli annuali di accrescimento.
Un altro vantaggio è che non ci sono specie di insetti corticicoli in grado di distruggere gli abeti come, ad esempio, avviene per l’abete rosso con l’Ips typographus (bostrico).
Tuttavia, l'Abete bianco è molto esposto a un'altra creatura nella sua lunga e ultradecennale fase giovanile: il capriolo, per il quale le piccole piante sono notoriamente molto gustose e sono totalmente indifese. In molte foreste potenzialmente ricche di Abeti bianchi questo ha portato al fatto che nel bosco domina l'abete rosso, e manca l'Abete bianco poiché è stato mangiato per decenni, senza alcuna possibilità di arrivare alla luce e quindi di svilupparsi in tutta la sua grandezza. Tuttavia, l'abete non è completamente immune alle malattie. Un fungo ascomicete, che inizialmente attacca solo gli aghi, successivamente provoca l'addensamento delle gemme fogliari sui rami formando la cosiddetta "scopa delle streghe". Quando questo fungo cresce nel tronco, si forma uno spesso rigonfiamento che genera veri e propri tumori con vistosi rigonfiamenti del tronco.